L’isola non trovata


IL DISCO

L'isola non trovata è il terzo album di Francesco Guccini, l'ultimo inciso sotto il solo nome di battesimo. Registrato a Milano nell'autunno 1970, il disco è stato pubblicato nel dicembre dello stesso anno.

E’ l’album in cui esordisce alle tastiere Vince Tempera, arrangiatore per molti dischi di Guccini. Gli altri musicisti del disco sono Ellade Bandini alla batteria, Ares Tavolazzi al basso (entrambi membri, con Tempera, del complesso The Pleasure Machine), Franco Mussida della Premiata Forneria Marconi alle chitarre, Victor Sogliani dell'Equipe 84 ai cori e Deborah Kooperman alla chitarra folk.

Gli arrangiamenti sono curati da Vince Tempera e Pier Farri, mentre il tecnico del suono è Ezio De Rosa della Sax Records.

Il disco, che non presenta i testi, è stato distribuito da EMI Italiana in formato LP, Stereo8, MC e CD.

Dell'album L'isola non trovata sono disponibili gli spartiti pubblicati da Edizioni Musicali La Voce del Padrone.

 

 

CURIOSITA'

 

La foto di copertina è stata curata dalla Emi.

La canzone Un altro giorno è andato era già stata pubblicata due anni prima sul lato B del 45 giri Il Bello – Un altro giorno è andato in una versione diversa con l'accompagnamento del gruppo beat dei Bad Boys e del tastierista dei Nomadi Beppe Carletti, mentre la versione inserita nell'album è acustica con le chitarre suonate da Guccini e da Deborah Kooperman.

 

"L'orizzonte di K.D." è dedicata a Eloise Vitelli, prima allieva di Guccini al Dickinson College di Bologna e poi fidanzata di Francesco verso la fine degli anni '60, è stata Senatrice del Partito Democratico nello stato del Maine dal 2013 al 2014.

 

Nella canzone L’isola non trovata è evidente l'influenza del poeta torinese Guido Gozzano come si evince leggendo la prima strofa della poesia di Gozzano La più bella.

Ma bella più di tutte l'Isola non trovata
quella che il Re di Spagna s'ebbe da suo cugino
il Re di Portogallo con firma sugellata
e bulla del Pontefice in gotico latino.

 

RECENSIONI

Dalla rivista Ciao 2001 del 26 marzo 1972 dal titolo Francesco Guccini, il mio tema di Maurizio Baiata:

Foto della rivista Ciao 2001 (1972)

“L’'isola non trovata” è l'album che ha portato Francesco più vicino al gusto dei giovani, ma comunque ci sembra una opera leggermente inferiore, come sincerità da parte dell'autore, di “Due anni dopo”. Il che non vuoi dire non si tratti di un disco assolutamente eccezionale, certamente la migliore cosa che in Italia si sia fatta in questi ultimi anni. E questo perché “L'isola non trovata” ci presenta il Guccini più maturo ed intelligente, il Guccini che per forza di cosa dobbiamo preferire, perché più moderno, ancora più poeta di una società ormai introvabile, ormai fagocitante e distruttrice. I temi ricorrenti ora sono numerosi; domina quello della “solitudine” e del “tempo andato”, mentre quello fantastico viene vitalizzato da frequenti visioni marine che, agli occhi di Francesco, appaiono come gli orizzonti di ogni nostra aspirazione e desiderio, quindi dolcissimi e nel contempo inquietanti, quindi magicamente lontani ed orribilmente presenti. Impossibile dilungarci nella descrizione di pezzi come “Asia" e “L'isola non trovata”, chiaramente di fantasia, altrettanto dobbiamo dire per “Un altro giorno è andato”, “Canzone di notte” e “Il Tema” che riprendono le costanti di una visione amara del passato e la cui proiezione pessimistica è solo consapevolezza della propria inutilità ed impotenza. Due tratti fondamentali, diremmo di piena maturazione e quasi di esplosione traspaiono in “L'uomo” e “L'orizzonte di K.D.”: in essi si compendiano il Guccini del passato e quello attuale... vogliamo fermarci per non sciuparvi il sapore della scoperta.

 

 

Dalla rivista Popster del 17 settembre 1978:

Foto tratta dalla Rivista Popster (1978)

“L’isola non trovata”: le ritmiche sono curate da Ares Tavolazzi ed Ellade Bandini, le tastiere sono di Vince Tempera, interviene, pur restando anonimo, Victor Sogliani e Francesco, sotto la ‘regia’ di Pier Farri, ricorre spesso alle doppie voci dando all'album una dimensione originale e convincente con impasti sonori e suggestioni, per l'epoca  quasi rivoluzionarie in un cantautore; comincia a diffondersi il mito del cantore urbano e della sua “Osteria delle Dame” (da cui muoverà i primi passi Claudio Lolli), luogo di incontro ‘alternativo’ filtrato da vino e tarocchi, di cui Guccini è il principale animatore; e nelle serate alle ‘Dame’ Francesco canta Dylan e Cohen (di cui traduce “Susanne”) lasciando sempre più da parte la sua matrice francese: e ‘l’americanizzazione’ è presente anche nei momenti più intimisti dell'Isola non trovata, sia che racconti di emarginati bizzarri e scomodi (Il frate) o descriva notturne crisi esistenziali, tra alienati squarci cittadini e impennate agrodolci contro il conformismo (“…Professionisti acuti, tra i sorrisi ed i saluti ironizzano i tuoi dubbi sulla vita, le madri dei tuoi amori slogan trepide dottori, ti rinfacciano una crisi non chiarita ...”) in ballate che non contengono una ‘storia’ vera e propria, ma alternano a veloci scorci ambientali considerazioni private senza un esplicito filo conduttore (“Qualcuno compie un crimine d'onore, passeggiano sui viali le bagasce... Ti sembra sempre un poco di morire, nel momento eroico dell' amore…” ). Più tardi Guccini definirà l'Isola che dà il titolo all'album “un momento di fuga nell'irrazionale, alla ricerca di qualcosa che non si troverà mai”; e lo spunto gli viene suggerito da lunghe conversazioni con un suo parente su Atlantide, sui miti e le suggestioni collegate al continente scomparso; e nelle note di copertina vengono citati Gozzano e Salinger quali ispiratori.

 

Dalla rivista Music n.° 13 del febbraio 1980:

Foto tratta dalla rivista Music

“L'Isola non trovata" rappresenta per me - afferma Francesco - il momento della fuga dall'irrazionale, con questa ricerca dell'isola che non si troverà. Il disco nacque in un periodo un po' particolare: parlavo spesso con un mio cugino, gran bevitore, anarchico di Carpi, che si interessava moltissimo di Atlantide. E' quindi chiaro che le canzoni riflettono tutte queste chilometriche conversazioni sul continente scomparso. Dal punto di vista tecnico c'era un gusto quasi calligrafico dell’immagine, nelle musiche ma anche e soprattutto nei testi: il gioco era quello di accostare le parole per il loro valore musicale”.

 

 

I TESTI - LATO A

 

...Ma bella più di tutte l' isola non trovata, quella che il Re di Spagna s' ebbe da suo cugino, il Re di Portogallo, con firma suggellata e "bulla" del pontefice in Gotico-Latino...

Il Re di Spagna fece vela cercando l' isola incantata, però quell' isola non c'era e mai nessuno l'ha trovata: svanì di prua dalla galea come un' idea, come una splendida utopia, è andata via e non tornerà mai più...

Le antiche carte dei corsari portano un segno misterioso e ne parlan piano i marinai con un timor superstizioso: nessuno sa se c'è davvero od è un pensiero, se, a volte, il vento ne ha il profumo è come il fumo che non prendi mai!

K.D. si svegliò quel mattino e guardò le cose accanto a lei, gli occhi ancor velati dalle briciole dei sogni mentre il sonno scompariva accanto a lei lentamente, il sonno scompariva accanto a lei...

K.D. si affacciò alla finestra, vide il mondo solito ad di là: svaniva il suo orizzonte sulla ruggine del ponte dove il fiume scompariva e la città finiva, dove il fiume scompariva...

K.D. non seppe mai dire che sensazione la prese, sentì il suo corpo svanire, le braccia eran ali rapprese. Pianse qualcuno lontano che forse non conosceva ed il suo pianto pian piano quell'orizzonte scioglieva...

Ma poi sorrise sorpresa di quella stupida ebbrezza, il suo orizzonte tornato reale le dava la solita sua sicurezza, solita sua sicurezza...

Quando anche noi qualche volta ci sentiam tristi per niente forse c'è K.D. che piange lontana, fantasma che è in noi e ci accompagna per sempre, che ci accompagna per sempre, che ci accompagna per sempre!

Dove finisce la città, dove il rumore se ne va, c'è una collina che nessuno vede mai perchè una nebbia come un velo la ricopre fino al cielo dall' eternità...

Nessuno mai la troverà la strada, forse in altra età si è conosciuta, ma l' abbiam scordata ormai: l' abbiam scordata e si è perduta lungo i giorni della vita dall'eternità...

Forse l' abbiam vista nel passato, ma il ricordo se n'è andato dalla mente. Cercala negli angoli del sogno per portarla lungo il mondo del presente. Oh, se solamente io potessi rivederla com'è adesso per un'ora! So di fiori grandi come soli ma mi sfuggono i colori, ancora.

Ricordo che alla sommità c'è un uomo che sta sempre là, per impedire che qualcuno cada giù da quella magica collina, dalla parte che declina e non ritorni più...

Anch'io tra i fiori, tempo fa, giocavo sulla sommità con i compagni miei, dentro alla segale, ma il prenditore non mi ha scorto quando son caduto al mondo per l'eternità...

Lo chiamavano "il frate", il nome di tutta una vita, segno di una fede perduta, di una vocazione finita. Lo vedevi arrivare vestito di stracci e stranezza, mentre la malizia dei bimbi rideva della sua saggezza...

Dopo un bicchiere di vino, con frasi un po' ironiche e amare, parlava in tedesco e in latino, parlava di Dio e Schopenhauer.

E parlava, parlava, con me che lo stavo a sentire mentre la sera d'estate non voleva morire... Viveva di tutto e di niente, di vino che muove i ricordi, di carità della gente, di dei e filosofi sordi...

Chiacchiere d' un ubriaco con salti di tempo e di spazio, storie di sbornie e di amori che non capivano Orazio...

E quelle sere d' estate sapevan di vino e di scienza, con me che lo stavo a sentire con colta benevolenza. Ma non ho ancora capito mentre lo stavo a ascoltare chi fosse a prendere in giro, chi dei due fosse a imparare...

Ma non ho ancora capito, fra risa per donne e per Dio, se fosse lui il disperato o il disperato son io...

Ma non ho ancora capito con la mia cultura fasulla chi avesse capito la vita chi non capisse ancor nulla...

E un altro giorno è andato, la sua musica ha finito, quanto tempo è ormai passato e passerà? Le orchestre di motori ne accompagnano i sospiri: l' oggi dove è andato l' ieri se ne andrà. Se guardi nelle tasche della sera ritrovi le ore che conosci già, ma il riso dei minuti cambia in pianto ormai e il tempo andato non ritroverai...

Giornate senza senso, come un mare senza vento, come perle di collane di tristezza... Le porte dell'estate dall' inverno son bagnate: fugge un cane come la tua giovinezza. Negli angoli di casa cerchi il mondo, nei libri e nei poeti cerchi te, ma il tuo poeta muore e l' alba non vedrà e dove corra il tempo chi lo sa?

Nel sole dei cortili i tuoi fantasmi giovanili corron dietro a delle Silvie beffeggianti, si è spenta la fontana, si è ossidata la campana: perchè adesso ridi al gioco degli amanti? Sei pronto per gettarti sulle strade, l' inutile bagaglio hai dentro in te, ma temi il sole e l' acqua prima o poi cadrà e il tempo andato non ritornerà...

Professionisti acuti, fra i sorrisi ed i saluti, ironizzano i tuoi dubbi sulla vita, le madri dei tuoi amori sognan trepide dottori, ti rinfacciano una crisi non chiarita: la sfera di cristallo si è offuscata e l' aquilone tuo non vola più, nemmeno il dubbio resta nei pensieri tuoi e il tempo passa e fermalo se puoi...

Se i giorni ti han chiamato tu hai risposto da svogliato, il sorriso degli specchi è già finito, nei vicoli e sui muri quel buffone che tu eri è rimasto solo a pianger divertito. Nel seme al vento afferri la fortuna, al rosso saggio chiedi i tuoi perchè, vorresti alzarti in cielo a urlare chi sei tu, ma il tempo passa e non ritorna più...

E un altro giorno è andato, la sua musica ha finito, quanto tempo è ormai passato e passerà! Tu canti nella strada frasi a cui nessuno bada, il domani come tutto se ne andrà: ti guardi nelle mani e stringi il vuoto, se guardi nelle tasche troverai gli spiccioli che ieri non avevi, ma il tempo andato non ritornerà, il tempo andato non ritornerà, il tempo andato non ritornerà...

Io chiedo quando sarà che l' uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare e il vento si poserà e il vento si poserà e il vento si poserà...

I TESTI - LATO B

 

Ore confuse nella notte, la malinconia non è uno stato d' animo, le vite altrui si sono rotte e sembra non esista più il tuo prossimo. Ti vesti un poco di silenzio, hai la dolce illusione di esser solo, son macchine che passano od è il vento, o sono i tuoi pensieri alzati in volo.

I tuoi pensieri un po' ubriachi, danzando per le strade si allontanano, ti son sfuggiti dalla mano e il giorno sembra ormai così lontano e il giorno sembra ormai così lontano...

Mattino o notte, hai perso il tempo, la malinconia ti sembra di toccarla, ma forse è l'ora dell' avvento e chiami l' ironia per aiutarla. E forse c'è qualcuno che ora muore, e forse c'è qualcuno che ora nasce, qualcuno compie un crimine d' onore, passeggiano sui viali le bagasce.

Bagasce sono i tuoi ricordi che fra canzoni e vino ti disturbano, che ti molestano pian piano e il giorno sembra ormai così lontano, e il giorno sembra ormai così lontano....

Mattino o notte, cosa importa? I giorni sono nuvole distratte. Suonerò l'ora alla tua porta e l' orologio è il sangue tuo che batte. Quando verrà il tempo di partire l' ora avrà il medesimo colore: sembra sempre un poco di morire nel momento eroico dell'amore...

Se ridi o piangi è sempre uguale, le cose nel ricordo poi si sfumano, il sacro si unirà al profano e il giorno sembra ormai così lontano e il giorno sembra ormai così lontano....

Mattino o notte, dentro e fuori, sei certo o cerchi la consolazione? Son bianco e nero sol colori, o facce ambigue della tua prigione? Cerchi sempre ciò che ti è lontano, dopo dici: "Tutto è relativo," ma l' ironia e il dolor dicono invano che sei certo solo di esser vivo.

Ma c'è ancor tempo per pensare, per maledire e per versare il vino, per pianger, ridere e giocare e il giorno sembra ormai così vicino, e il giorno sembra ormai così vicino, e il giorno sembra ormai così vicino, e il giorno sembra ormai così vicino...

Un anno è andato via della mia vita, già vedo danzar l' altro che passerà. Cantare il tempo andato sarà il mio tema perchè negli anni uguale sempre è il problema:

e dirò sempre le stesse cose viste sotto mille angoli diversi, cercherò i minuti, le ore, i giorni, i mesi, gli anni, i visi che si sono persi, canterò soltanto il tempo...

Ed ora dove sei tu che sapevi ridare ai giorni e ai mesi un qualche senso. La giostra dei miei simboli fluisce uguale per trarre anche dal male qualche compenso:

e dirò di pietre consumate, di città finite, morte sensazioni, racconterò le mie visioni spente di fantasmi e gente lungo le stagioni e canterò soltanto il tempo...

E via, e via, e via parole vane che scivolano piane dalle chitarre e se ne vanno e vibrano, non resta niente, un suono che si sente e poi scompare...

E sono qui sempre le stesse cose viste sotto mille angoli diversi, e cercherò i minuti, le ore, i giorni, i mesi, gli anni, i visi che si sono persi, e canterò soltanto il tempo...

Senza l'ultima parola, frase saggia da citarsi, piegò il capo sul cuscino quasi per addormentarsi, senza un grido, senza un nome, senza motti, senza un suono, nè il rumore di battaglie, era morto un altro uomo, restò solo qualcosa che volò nell'aria calma e poi svanì, per dove non sapremo mai. mai, mai, mai, mai, mai...

C' era buio nella stanza, di malato un greve odore e una lieve, pazza danza di mosconi in amore; lievi ronzan le preghiere, poi qualcuno se n'è accorto: si alzò atroce nella sera, solo un chiaro grido: "E' morto!" Restò solo qualcosa che volò nell' aria calma e poi svanì per dove non sapremo mai mai, mai, mai, mai, mai...

Svelti accorrono gli astanti: "Com'è morto?", "Com'è andata?" Sfrigolava ormai sui pianti la candela già bruciata; gli composero le braccia, si ravviò la rada chioma, ondeggiava sulla faccia del rosario la corona: restò solo qualcosa che volò nell'aria calma e poi svanì per dove non sapremo mai, mai, mai, mai, mai, mai...

Si frugò dentro ai ricordi di una vita ormai finita, si guardò dentro ai cassetti colmi di carta ingiallita: "Questa foto è per la figlia." "L'orologio qui a chi tocca?" "Meglio gli chiudiate gli occhi." "Meglio chiudergli la bocca." Restò solo qualcosa che volò nell'aria calma e poi svanì per dove non sapremo mai mai, mai, mai, mai, mai...

Si riuniscono i parenti, si rincorrono i ricordi, già si parla delle spese, già si senton pianti sordi: qualche spicciolo lasciato provocò parole accese che volarono sul letto e copriron le candele; restò solo qualcosa che volò nell'aria calma e poi svanì per dove non sapremo mai, mai, mai, mai, mai, mai...

Uno schiaffo fa tacere anche i giochi dei bambini, son calate le serrande, neri sfilano i vicini. Le ghirlande hanno gettato la tristezza sulle scale, fra i parenti addolorati se ne scende il funerale, restò solo qualcosa che volò nell'aria calma e poi svanì per dove non sapremo mai, mai, mai, mai, mai, mai...

Una vita: quante cose dice il prete in due parole; lo ringraziano gli astanti, via l'inverno, c'è già il sole, chiacchiere, risate lievi, vanno per il cimitero, restan fiori con le scritte, resta al vento un drappo nero, restò solo qualcosa che volò nell'aria calma e poi svanì per dove non sapremo mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai...

Fra i fiori tropicali, fra grida di dolcezza, la lenta, lieve brezza scivolava e piano poi portava, fischiando fra la rete, l' odore delle sete e della spezia.

Leone di Venezia, Leone di San Marco, l' arma cristiana è al varco dell' Oriente: ai porti di ponente il mare ti ha portato i carichi di avorio e di broccato.

Le vesti dei mercanti trasudano di ori, tesori immani portano le stive; si affacciano alle rive le colorate vele, fragranti di garofano e di pepe.

Trasudano le schiene schiantate dal lavoro, son per la terra mirra, l' oro e incenso. Sembra che sia nel vento su fra la palma somma il grido del sudore e della gomma.

E l' Asia par che dorma, ma sta sospesa in aria l' immensa, millenaria sua cultura: i bianchi e la natura non possono schiacciare i Buddha, i Chela, gli uomini ed il mare.

Leone di San Marco, leone del profeta, ad est di Creta corre il tuo vangelo; si staglia contro il cielo il tuo simbolo strano: la spada e non il libro hai nella mano.

Terra di meraviglie, terra di grazie e mali, di mitici animali da bestiari; s' arriva dai santuari, fin sopra all' alta plancia, il fumo della gangia e dell'incenso.

E quel profumo intenso è rotta di gabbiani, segno di vani simboli divini e gli uccelli marini additano col volo la strada del Katai per Marco Polo

Appare, a volte, avvolta di foschia, magica e bella, ma se il pilota avanza su mari misteriosi è già volata via, tingendosi d'azzurro, color di lontananza...

Il Re di Spagna fece vela cercando l'isola incantata...

[spotifyplaybutton play="https://open.spotify.com/album/0bn5oeTU5XnlB56iSHEFdq"/]